mercoledì 22 dicembre 2010

oggi copio/incollo

"Inviti Superflui" (Dino Buzzati)

Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo. Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi. Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. "Ti ricordi?" ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento. Ma tu - ora mi ricordo - non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata da pioggia sacra. Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei "Ti ricordi?", ma tu non ricorderesti.

Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi; e in date ore vaga la poesia, congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene. Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre della città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo, sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola. Ma tu - adesso mi ricordo - mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all’ora giusta l’incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrar la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti di essere stanca; solo questo e nient’altro.

Vorrei anche andare con te d’estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dei prati e qui, distesi sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne. Tu diresti "Che bello". Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora. Ma tu - ora che ci penso - tu ti guarderesti attorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata a esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno. E non diresti "Che bello!", ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici.

Vorrei pure - lasciami dire - vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di sè una specie di musica. Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo. Ma tu - lo capisco bene - invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni. Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. Ed io sarei solo.

È inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d’estate o d’autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda. Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare - ti prometto - gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all’amore. Ma io ti avrò vicina. E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo con donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo.

Ma tu - adesso ci penso - sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso fra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.

martedì 21 dicembre 2010

...I don't feel you anymore...

ci siamo illusi. o l'ho fatto da solo. mi sono arreso di fronte al niente. solo rimpianti di scelte fatte con troppa fretta. solo giorni che passano troppo in fretta aspettando qualcosa che non sarà mai all'altezza delle nostre aspettative. solo il freddo ci soddisfa, solo le tempeste di neve.
rimpiangerò anche queste parole, e spero che non leggerai mai, perché domani cambierò idea. ma sono sicuro che non leggerai mai, perché io non sono niente. tu eri tutto. forse ancora. forse per sempre.

ci siamo illusi, non c'è nessun lieto fine. non ci sarà mai. aspetto il mare, aspetto la tempesta fuori casa. io non ci voglio tornare. io non voglio stampare queste pagine. non voglio più credere in qualcosa. in qualcosa di bello.

mi sono illuso, ho fatto tutto io. ho scambiato parole per sguardi e amori per indifferenze.
ho fatto tutto io, nemmeno compassione.

___ __
hate me
___ __
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lunedì 20 dicembre 2010

the LAST night of autumn came too soon.

svegliami, prima che finisca questo autunno.
svegliami, e dimmi che non significhi niente, neanche tu.
svegliami, e dimmi che devo rimpiangere ogni singolo giorno di questa stagione maledetta.
svegliami, prima che sia mezzanotte. non posso dormire un altro giorno, credendo di vivere in un mondo perfetto.
svegliami, e dimmi che i tuoi occhi non sono niente, e i miei neppure.
svegliami, e dimmi che ho sbagliato tutto.
svegliami, e dimmi che ho solo da rimpiangere. che non avrò un solo bel ricordo. che non c'è niente per me qui.
svegliami, ma tu continua a dormire. perché il giorno è sprecato, per te. perché la neve fuori è ancora troppa, e fa molto freddo.
tu continua a dormire perché oggi, sul treno, ho visto com'ero a quei tempi. in un video. e avrei preferito continuare a dormire.

sabato 18 dicembre 2010

save-me

è che non siamo mai stati niente. nessuno, in questa stanza.
è che non avevamo calcolato la neve, quando programmavamo il nostro futuro.
non avevamo guardato fuori dalla finestra appena svegli, e non ci siamo mai guardati dentro prima di dire certe cose.
ti diranno che sembri qualcun altro.
e non saprò cosa dirti, quando mi confiderai piangendo che crescere così velocemente non era nei programmi.
canta un'ultima volta la tua canzone preferita. saremo solo un ricordo, una frase sulle nostre tombe, una pagina che non cambierà mai più. ma che verrà letta da tutti.

love me.

hate me.

hold me.

save me.

non potremo farci niente. ma possiamo far qualcosa ora.

mercoledì 8 dicembre 2010

Wide Black Eyes

torna sempre, anche a Dicembre.
torna sempre, e lo sai bene. devi solo fingere di non pensarci. fingere che possa andare tutto bene per sempre. ma lo sai, dentro di te, che torna sempre.
devi solo fingere di non aspettare. fingere di pensare ad altro. quante volte, la parola "fingere". quanti giorni, in questa finzione. non sei solo. non fanno altro.
quando sorrido, sono cosciente che non può durare.
la fortuna della coscienza.
quanto siamo fortunati, amici, nemici, amori, odii. rigettiamo l'apatia, stanotte. vomitiamola. abortiamola. piangeremo tutta la notte e non ne avremo buoni ricordi. ci lanceremo da un ultimo piano e non avremo futuro. sentiremo finalmente che sapore ha il metallo freddo tra le nostre labbra.

clic.

non ci piace più leggere. non ci piace più aspettare. non ci piace più guardare nessuno negli occhi. non ci piace più nessuno. non ci piace più niente.

clic.

non dovremo più farci piacere niente.

domenica 5 dicembre 2010

XI

c'era qualcosa in quegli sguardi. avevamo i piedi congelati, le scarpe sporche di fango, l'acqua diventava ghiaccio appena scendeva a terra, facendo troppo rumore da fontanelle lasciate aperte.
c'era qualcosa in quegli sguardi, sono stati giovani tutti. hanno viaggiato tutti, anche se ora non si reggono in piedi.
c'era qualcosa in quella terra. è quando riempiono tutti insieme una fossa per terra, al freddo, che capisci che nessuno tornerà. non è possibile rivedere la luce.
e finirà così per tutti, ma c'è un bagliore di ottimismo in tutto ciò. un bagliore fortissimo, che io vedo distintamente tra mille parole, nessuna gratuita, tra mille sguardi e mille granelli di sabbia nelle scarpe. e piedi gelati.
no, non è quello di vivere la vita al meglio. non è quello di divertirsi il più possibile. non è quello di lasciare andare le cose, e vedere cosa succede. questa è routine, ma dobbiamo volere di più.
non è vivere dopo giorno. non è godersi ogni istante. niente di tutto questo.
è una pagina, un suono, qualcosa che resti anche dopo. io l'ho visto, nei vostri occhi, che a nessuno mancherà. io lo vedo, in questi giubbotti che tremano, che non tutte le morti sono uguali. perché se riesci a lasciare qualcosa di te, qualcosa che durerà per sempre, che ti renderà immortale, tu vedrai i sorrisi oltre alle lacrime.
e allora non importa se oggi l'hai buttato via. puoi buttare via anche domani. non credere a chi ti dice che ogni giorno va vissuto al cento per cento. non credere a nessuno dei loro sogni. devi solo crederci, e sperare di vivere per sempre.
una pagina, un suono, un incontro, una maglietta usata troppe volte.
tra migliaia di tombe, tra centinaia di persone, ho capito tutto. lo scrivo ora, per ricordarmelo per sempre. lo scrivo ora, sperando che sopravviva.

5 Dicembre 2010

sabato 4 dicembre 2010

"All of a sudden I miss everyone"

I
se tutto iniziasse ora, diremmo che tutto inizia in una notte ad inizio Dicembre. ma dire quando qualcosa inizia, quando finisce, non è mai stato facile.
tu dammi quarantacinque minuti in cui posso restare seduto - e vedere gli altri muoversi - e forse le cose inizieranno a sembrare più chiare.
potrei dire che se tutto iniziasse oggi, inizierebbe in una stazione. non una stazione in centro città, una di quelle in cui non scendi mai. la fermata appena prima del capolinea. mi siedo davanti al tabellone luminoso e lo guardo per venti minuti, aspettando il mio turno. dei ragazzi hanno sbagliato stazione ma non li posso sentire.
il mio treno è pieno di gente, non posso sedermi fino a metà tragitto. chiedevo solo quarantacinque minuti. non mi piacciono i loro giubbotti, prima di accorgermi che sono simili al mio.
tu non crederci, alle canzoni. non credere ai cantautori che ti racconto dei garage di Milano Nord. non c'è niente d'interessante in queste strade, in questo cielo. è solo il fascino del brutto.

II
se tutto iniziasse stanotte, inizierebbe con un viaggio. un viaggio che non hai fatto. un viaggio di qualcuno, di cui aspetti il ritorno.
domani mattina sarà diverso, dovrò svegliarmi presto e mangerò il quinto cioccolatino del calendario dell'avvento. lo compro ancora, anche se non l'ho comprato per anni. e non so perché.
so risponderti alla domanda "qual'è il tuo mese preferito" tutti i mesi, tranne Dicembre. perché le aspettative sono forse troppe, e le opportunità sono troppo poche. o troppo poche per queste gambe stanche.
oggi sono andato in sala prove, e lo amo. amo il sabato pomeriggio in sala prove da anni. dal 2006, quando andavamo le prime volte in quella sala prove di Cantù e portavamo con noi i nostri strumenti appena comprati. e tornavamo a casa stanchi, magari la sera andavamo anche a qualche concerto. e ogni mattina prima di scuola programmavamo i nostri, di concerti. e il futuro. poi è arrivato il futuro, e ora non parliamo più.
ma il sabato in sala prove mi riporta indietro. è più di quanto riesca a spiegare a parole, è più di quanto riesca solo a pensare. è tornare a casa stanco, ma soddisfatto. è accendere la televisione, il computer, e capire che non t'importa cosa ti sei perso, mentre eri fuori dal mondo. perché tutto il resto è "fuori dal mondo". ovunque, tranne lì.
ora non parliamo più, ma ogni sabato faremo finta che sia ancora nostro. chiunque sia al mio fianco, quali le mani che stringeremo. perché anche nei momenti più difficili, nei giorni più tristi, un "1-2-3-4" salva tutto.

III
avevano ragione loro, tutto gira intorno. tutto si basa sulla ripetizione.
una volta che hai vissuto tutte le emozioni possibili, devi cercare solo di ripeterle/non ripeterle.
dobbiamo rassegnarci, non ci sarà mai più niente di nuovo. e se ci sarà, farò finta di non essere stupito per non mostrare incoerenza.
e tu mi dici che era incredibile che riuscivi ancora a stupirti di qualcosa, quando avevi solo quindici anni. e lo pensavo anche io. quanto avevamo torto. quanto è stato tutto.
una notte di giugno ho pensato a come sarebbe stato il mondo senza la scuola. ho pensato che avrei potuto guardare il cielo senza essere in ansia. ho pensato che sarei stato libero.
e ora? ora, direte voi, ti sei accorto di esserti illuso per niente. ora, direte voi, è tutto ancora più complicato e vorresti tornare a scuola.
ora, dico io, è come avevo pensato. e posso guardare il cielo nero di notte senza essere in ansia. e sono libero. chiedo solo di non dover andare a troppi funerali. chiedo solo di non veder morire troppe persone. chiedo solo di avere qualcosa, poco, davvero poco. quanto basta.

IV
il tuo viaggio è finito, sei a casa e sorridi. hai trovato quello che cercavi. bussi alla mia porta e mi fai vedere tutto ciò che hai conquistato a quattrocento chilometri.
e se poche scritte in penna possono valere quattrocento chilometri andata e quattrocento ritorno in un pomeriggio, io posso essere sicuro che ottocento chilometri andata e ottocento ritorno sono anche pochi, per i tuoi occhi.
non c'è niente da fare, potrò lamentarmi per anni riguardo a cose che io stesso invento per sembrare più interessante, ma resterò la persona più fortunata. almeno fino al prossimo funerale.

V
e devo usare la chat di facebook, per scriverti due righe su cosa faccio ogni giorno, solo perché tu non ti dimentichi che esisto. e ti chiedo cosa fai, per poter leggere due righe.
e mi sta bene anche il silenzio, se ne sei tu l'artefice. mi sta bene tutto, aggiungici tutti gli ostacoli che vuoi. proverò comunque, ad ogni costo, a ripetere ciò che già conosco. e ad avere altri problemi, a farlo durare, a non morire di vecchiaia.

VI
è mezzanotte, e le luci non si sono ancora spente. siamo noi che decidiamo, siamo noi che accendiamo e spegniamo tutto, ogni giorno. più e più volte. e usciamo di casa, chiudiamo la porta a chiave, salutiamo. e l'ascensore è rotto, ma sarei sceso a piedi comunque. perché siamo più veloci di chiunque altro.
e sono preoccupato solo per ciò a cui penso, ciò a cui non presto attenzione. e appena mi torna in mente il problema, mi accorgo che non c'è niente di cui preoccuparsi. presto sarà tutto a posto, potremo scendere nelle strade che non sono nostre e non lo saranno mai, e fingere di farci picchiare.
adesso tocca a te. ora sei tu, che ti preoccupi per le interrogazioni di chimica. e sappiamo entrambi che non ti preoccupi davvero.

VII
tra otto ore mi dovrò svegliare. sette giorni a settimana. sei mesi all'anno. cinque volte a settimana. quattro anni passati ad aspettare. tre giorni prima che ogni mese cominci. due occhi, l'unica cosa che ricordo. un solo sogno, ogni notte.

VIII
e se questa è la parte che non ti mostrerei, io spero nessuno legga. però non so io stesso cosa sto scrivendo. perché è tardi e devo solo impiegare il mio tempo aspettando una tua risposta, un tuo ricordarti di me, un tuo cenno. ed è troppo tardi per decidere cosa fare, per fortuna è troppo tardi perché è tutto già deciso. dobbiamo solo sperare che la neve risparmi i nostri voli internazionali. e io lo so, che farà troppo freddo. ma io lo so, che non avrò freddo.

IX
lo so, che avrò altro a cui pensare.
e so che in fondo non so niente. che ogni chilometro fatto andavamo incontro all'incertezza. e alla domanda "ne varrà la pena, di essere arrivato fin qui?". la stessa domanda per ogni chilometro, fino ad arrivare a destinazione e chiedersi finalmente "ne valeva la pena, di angosciarsi per questo?".
arrivare a destinazione, sorridere, e capire che si è così in ritardo che è già ora di tornare a casa.
e va bene così, siamo le persone più fortunate del mondo lo stesso. anche quando piangiamo. anche quando vogliamo morire. anche quando non abbiamo niente da fare.
e quando il mio aereo stava per precipitare, non sono stato triste che per un motivo. non sarei potuto tornare a casa per scriverti che incontrarti ha salvato il mio inverno.

X
domani mi alzo presto. vado a un funerale.

lunedì 29 novembre 2010

/

Remember the sound when my phone hit the ground
When you cursed out my name and you said that you never loved me
But I thought you were joking so I asked you again and
You said it again like there wasn't a first
And you paused with a silence so I'd know for damn sure that you were not joking
You never loved me

[trophy scars]



se questo fosse l'ultimo giorno di Novembre, vorrei dirti che manca sempre meno.
se questo fosse l'ultimo giorno di questo pianeta, prega solo per te. perché in paradiso c'è troppa luce.
e se la neve ci terrà ancora più lontani tu non ti preoccupare, ci avrò comunque provato. e tu lo capirai.

martedì 23 novembre 2010

"the only thing that still can fit in my heart are the pieces of the memories of your smile"

è l'unica cosa che resta dei miei occhi. riflessi degli altri, i riflessi degli altri.
potrai cambiare colonna sonora, potrai cambiare faccia, ma non cambia mai niente.
ho ripensato a quanto era bello, camminare da solo in città che conoscevo. Berlino in un pomeriggio d'estate: solo io, la strada, palazzi alti. ho lasciato tutto, ovunque. ogni foglia che ho ucciso.

è l'unica cosa che resta di me, gli aerei arancioni e le mani sudate quando partono. la paura di stare male, o lo stare male deriva dalla paura - come ci suggerisce Montaigne?

è l'unica cosa che resta di me, i treni che prendo ogni giorno.
non cerco neanche più di fingere di avere qualcosa in comune con qualcuno. oggi ho guardato attentamente le persone che mi passavano intorno, e nessuno era come te. ho cercato di immaginare le loro vite ma nessuna era come la tua.
io non vi odio davvero, ma non vi amerò mai. è colpa mia, se non siete niente. è colpa mia, se non vedo niente nei vostri occhi.

quando dirò il tuo nome mi sembrerà stupido.
quando gli aeroporti saranno vuoti potrò dormire. ma alle quattro ricominciano i check in per i primi voli dell'alba. sarà ancora buio, non avrò dormito. avrò lo zaino meno pesante, per i regali di natale.
sei l'unica cosa che non si può scegliere. su cui bisogna solo lasciare andare, bisogna solo sperare che questa volta ci fermeremo. che non vorremo tornare a casa.
e correremo il rischio, correrò il rischio, non m'interessa. non pensiamo mai, a quando ce ne andremo. e va bene così. devo continuare a dirmi che va bene così, e non devo distruggere tutto.
fatti da parte, sei stato troppo tempo in questa mente. non sei migliore di nessuno. puoi esserlo, dopo questi ottocentocinquanta chilometri. ma prima, non sei niente. quando tornerai nessuno avrà sentito la mancanza. ma è giusto così, esistere qui non significa vivere qui.
"vivere qui" non esiste. non viviamo da nessuna parte, se non nel momento in cui siamo in mare, in aria, in una fottuta macchina bollente di luglio. viviamo solo quando stiamo andando da qualche parte. quando stiamo tornando a casa. sei la mia casa.
e anche quando non ci sarai, io guarderò verso nord est e andrà tutto bene. lo vedo dalla mia camera, andrà tutto bene. non c'è nessun incendio stanotte, andrà tutto bene.

e quanto sonno mi fai perdere.

mercoledì 17 novembre 2010

Permanent

io ci ho provato, a intessere relazioni interpersonali, ma non avevo niente da dirvi.
(a volte vorrei essere come loro.)
io ci ho provato, a passare pomeriggi e notti come le vostre, per le vie del centro. ma avrei preferito morire. perché non ho mai avuto un cazzo da dirvi, e non ce l'avrò mai. perché non abbiamo niente in comune, e possiamo solo parlare del tempo meteorologico. perché non ho voglia di scoparvi, troie.
perché tutto quello che dite è noia, noia allo stato puro. mi dispiace, è colpa mia, sono io quello sbagliato. voi non preoccupatevi, state andando bene. ridete pure, piangete pure, non ho nessun interesse per la vostra felicità, la vostra tristezza, i vostri funerali. non è colpa vostra.

"ma perché non vieni?".

persone, persone, troppe persone. persone, persone, quante ne posso salvare? quante dita prima di rompermi la mano contro uno specchio, perché odio guardarmi? quanti cazzo di giorni prima che tutto questo finirà?
triste, trovare più verità in testi di canzoni, in frasi tratte da film o libri, piuttosto che nei consigli di vecchi amici con cui non ho più niente in comune.
nessun funerale mi farà piangere, nemmeno il mio.
nessuno di voi merita di essere ascoltato.

ed è triste, constatare che siete voi, la maggioranza. davvero, non capirete mai, non vi chiederò più niente. mi dispiace.